Cass. civ. Sez.
Unite, 02/07/2012, n. 11066 - M.A. c. I.N.P.S.

ESECUZIONE FORZATA - Titolo esecutivo in genere
Costituisce valido titolo esecutivo, ex art. 474 c.p.c., la
sentenza recante la condanna al pagamento di un credito non
specificamente determinato, ma comunque determinabile attraverso
dati provenienti da fonti normative e con semplici calcoli
aritmetici effettuati sulla scorta di dati desumibili da atti e
documenti prodotti nel giudizio e non contestati dall'altra parte.
Massima redazionale, CED Cassazione 2012
Cass. civ. Sez.
Unite, 20/06/2012, n. 10143 - Hapimag Italika s.r.l. c. I.T.

Avvocato, in genere - NOTIFICAZIONE IN MATERIA CIVILE -
Notificazione al procuratore
L'art. 82 R.D. n. 37 del 1934 - che prevede che gli avvocati, i
quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge
fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati,
devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere
domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la
quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di
domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della
stessa autorità giudiziaria - trova applicazione in ogni caso di
esercizio dell'attività forense fuori dalla circoscrizione cui
l'avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine
professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il
giudizio sia in corso innanzi alla corte d'appello e l'avvocato
risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale
diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della
corte d'appello, ancorché appartenente allo stesso distretto della
medesima corte d'appello. Tuttavia, dopo l'entrata in vigore delle
modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c, apportate rispettivamente
dall'art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), legge 12 novembre 2011, n.
183, e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest'ultimo
modificativo a sua volta dell'art. 2, comma 35-ter, lett. a), D.L.
13 agosto 2011, n. 138, conv. in legge 14 settembre 2011, n. 148, e
nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l'obbligo
per il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di
posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha
che dalla mancata osservanza dell'onere di elezione di domicilio di
cui all'art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio
in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del
tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege
presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è
in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo
all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato
l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio
ordine.
Sito Il caso.it, 2012
Corte di
Cassazione Sezioni Unite civili - Sentenza 13.09.2011, n. 18695

DEONTOLOGIA PROFESSIONALE - PROCEDIMENTO DISCIPLINARE -
INDIVIDUAZIONE CONDOTTA ILLECITA - SPETTANZA.
Nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, la
concreta individuazione delle condotte costituenti illecito
disciplinare, definite dalla legge mediante una clausola generale
(mancanze nell'esercizio della professione o, comunque, fatti non
conformi alla dignità e al decoro professionale), è rimessa alla
valutazione dell'Ordine professionale ed il controllo di legittimità
sull'applicazione di tali valutazioni non consente alla Corte di
cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense
nell'enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una
valutazione di ragionevolezza.
Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011
Corte di
Cassazione Sezioni Unite civili - Sentenza 28.06.2011, n. 14319

DEPOSITO (CONTRATTO DI) - OBBLIGHI DEL DEPOSITARIO - CUSTODIA DELLA
COSA - RESPONSABILITÀ - IN GENERE - Parcheggio - Aree comunali di
sosta a pagamento istituite ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. f),
d.lgs. n. 285 del 1992 - Obbligo di custodia del veicolo ivi
parcheggiato - Esclusione - Condizioni e limiti - Fondamento -
Conseguenze - Responsabilità del gestore per il furto del veicolo in
aree adibite a parcheggio senza custodia - Esclusione - Fondamento.
L'istituzione da
parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di
sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera f), del
d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), non comporta
l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di
esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in
modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto
(artt. 1326, primo comma, e 1327 cod. civ.), perché l'esclusione
attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 cod. civ.
(senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa
clausola, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., non
potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione
contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse,
normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire
l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della
buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento
incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad
esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso
ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo
queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Ne consegue che il
gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia
non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo
predisposta.
CED, Cassazione, 2011 - Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Sezioni Unite
Civili, Sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 (Presidente V.
Carbone, Relatore F. Forte)
CITTADINANZA - CITTADINANZA - RICHIEDENTE NATO ALL'ESTERO DA FIGLIO
DI DONNA ITALIANA CONIUGATA CON STRANIERO - PERDITA DELLA
CITTADINANZA ITALIANA DELL'ASCENDENTE - ILLEGITTIMITA'
COSTITUZIONALE DELLA L. N. 555 DEL 1912 - AMBITO DI APPLICAZIONE
Le Sezioni Unite, mutando orientamento rispetto alla pronuncia n.
3331 del 2004, hanno stabilito che, per effetto delle sentenze della
Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere
riconosciuto il diritto allo “status” di cittadino italiano al
richiedente nato all’estero da figlio di donna italiana coniugata
con cittadino straniero nel vigore della L. n. 555 del 1912 che sia
stata, di conseguenza, privata della cittadinanza italiana a causa
del matrimonio. Pur condividendo il principio
dell’incostituzionalità sopravvenuta, secondo il quale la
declaratoria d’incostituzionalità delle norme precostituzionali
produce effetto soltanto sui rapporti e le situazioni non ancora
esaurite alla data del 1° gennaio 1948, non potendo retroagire oltre
l’entrata in vigore della Costituzione, la Corte afferma che il
diritto di cittadinanza in quanto “status” permanente ed
imprescrittibile, salva l’estinzione per effetto di rinuncia da
parte del richiedente, è giustiziabile in ogni tempo (anche in caso
di pregressa morte dell’ascendente o del genitore dai quali deriva
il riconoscimento) per l’effetto perdurante anche dopo l’entrata in
vigore della Costituzione dell’ illegittima privazione dovuta alla
norma discriminatoria dichiarata incostituzionale.
Sezioni Unite
Civili, Sentenza n. 2636 del 4 febbraio 2009 ( Presidente S.
Mattone, Relatore R. Rordorf)
PROCESSO CIVILE - SPESE GIUDIZIALI - CONDANNA PER COLPA GRAVE
Per la prima volta la Corte ha condannato la parte soccombente ad
una somma ulteriore, equitativamente determinata, ravvisando – ai
sensi dell’art. 385, u.c. c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 40
del 2006 – un’ ipotesi di colpa grave. Il ricorso per cassazione era
stato proposto in forza di procura generale rilasciata in data
antecedente alla sentenza impugnata; i presupposti della colpa grave
sono stati ravvisati nel carattere evidente e testuale del requisito
della procura speciale e nella circostanza che è assolutamente
consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui è
indispensabile la posteriorità della stessa rispetto alla sentenza
impugnata.
Sezioni Unite
Civili, Sentenza n. 557 del 14 gennaio 2009 ( Presidente V.
Carbone, Relatore F. Felicetti)
PROCESSO CIVILE - ORDINANZA ANTICIPATORIA DI CUI ALL'ART. 186-QUATER
C.P.C. - RINUNCIA ALLA SENTENZA DA PARTE DELL'INTIMATO - TERMINI PER
L'IMPUGNAZIONE DELL'ORDINANZA - TERMINE LUNGO DI CUI ALL'ART. 327
C.P.C.
Le Sezioni Unite della Cassazione risolvendo un contrasto di
giurisprudenza insorto tra le Sezioni circa il termine per impugnare
l'ordinanza di cui all'art. 186-quater in caso di rinuncia alla
sentenza, hanno affermato il seguente principio di diritto:
In tema di impugnazione dell'ordinanza di cui all'art. 186-quater
cod. proc. civ. - nel testo introdotto dall'art. 7 del d.l. n. 423
del 1995, convertito, con modifiche, nella legge n. 534 del 1995 -
l'adempimento, da parte dell'intimato, degli oneri di notifica e di
deposito della rinuncia alla sentenza, ai sensi del comma 4 della
norma citata, fa sì che l'ordinanza stessa acquisti, dal momento del
deposito, l'efficacia della sentenza impugnabile pubblicata, con
conseguente decorrenza del termine annuale per l'impugnazione di cui
all'art. 327 cod. proc. civ., mentre, perché decorra anche il
termine breve di cui all'art. 325 cod. proc. civ., è necessaria una
nuova notifica dell'ordinanza con l'attestazione del deposito in
cancelleria della notifica della rinuncia all'emanazione della
sentenza.
Sezioni Unite Civili, Sentenza n. 553 del 14 gennaio 2009
(Presidente V. Carbone, Relatore G. Travaglino)
CONTRATTI - CAPARRA CONFIRMATORIA - RISOLUZIONE/RISARCIMENTO -
RECESSO/RITENZIONE CAPARRA - RAPPORTI TRA LE AZIONI
Le S.U., in esito all’esame della variegata e contrastante
giurisprudenza in riferimento al rapporto tra i due rimedi previsti
dall’art. 1385 c.c. e nel confronto con le posizioni dottrinarie
espresse in materia, hanno ritenuto – anche alla luce del principio
di ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2 Cost.) - che,
proposta domanda di risoluzione e risarcimento integrale del danno,
non può ritenersi consentita la trasformazione in domanda di recesso
con ritenzione di caparra, ponendosi i rapporti tra le due azioni in
termini di incompatibilità strutturale e funzionale, altrimenti
vanificandosi la funzione della caparra di consentire una
liquidazione anticipata e convenzionale del danno, volta ad evitare
l’instaurazione di un giudizio contenzioso, e consentendosi alla
parte non inadempiente di scommettere senza rischi sul processo.
Ordinanza n. 28875 del 9 dicembre 2008 (Sezioni Unite Civili,
Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte)
MINORI - AFFIDAMENTO FAMILIARE - MUTAMENTO DI RESIDENZA - COMPETENZA
PER TERRITORIO
Le Sezioni Unite , risolvendo una questione di massima di
particolare importanza, hanno affermato il principio di diritto per
il quale in tema di competenza territoriale nei procedimenti di
affidamento etero-familiare di minori, qualora il provvedimento
iniziale di affidamento, di regola soggetto a durata non superiore
ai ventiquattro mesi, necessiti di essere seguito da un’ulteriore
proroga o, viceversa, da una cessazione anticipata, queste ultime
vicende integrano provvedimenti camerali nuovi, per i quali il
principio della perpetuatio deve essere temperato con quello di
prossimità, sicché il giudice competente per territorio deve essere
individuato nel tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore
legittimamente si trova, in tal modo dando rilievo ad eventuali
sopravvenuti cambiamenti di residenza (nella specie, le S.U. hanno
dichiarato la competenza del tribunale per i minorenni del distretto
ove risiedeva la famiglia cui il minore era stato affidato con
provvedimento di un altro tribunale per i minorenni, nel cui
distretto originariamente il minore risiedeva con la propria madre).
FONTE: www.Giustizia.it |
Cass. pen. Sez. Unite, 21/06/2012,
n. 28717 - B.P.

CASSAZIONE PENALE - Ricorso straordinario per errore materiale o di
fatto
Deve ritenersi legittimata alla proposizione del ricorso
straordinario per errore materiale o di fatto anche la persona
condannata con sentenza annullata con rinvio in relazione alla
sussistenza di una circostanza aggravante.
Massima redazionale, 2012
Cass. pen. Sez. Unite, 24/05/2012,
n. 24527 (rv. 252692)

NOTIFICAZIONE IN MATERIA PENALE - Imputato irreperibile -
NOTIFICAZIONI - All'imputato - Decreto di irreperibilità (efficacia)
- Decreto di irreperibilità ai fini della notifica dell'avviso di
conclusione delle indagini preliminari - Efficacia ai fini della
notifica del decreto di citazione a giudizio - Sussistenza - Limiti
Il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. ai fini della
notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari è
efficace anche ai fini della notifica del decreto di citazione a
giudizio, salvo che il P.M. effettui ulteriori indagini dopo la
notifica di detto avviso. (Rigetta, App. Milano, 11/05/2011)
CED Cassazione, 2012
Corte di Cassazione Sezioni Unite
penali - Sentenza 14.07.2011, n. 27919

FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - LEGGE PROCESSUALE -
Successione nel tempo - Retroattività della norma favorevole -
Esclusione - Fattispecie.
In tema di successione di leggi processuali nel tempo, il
principio secondo il quale, se la legge penale in vigore al momento
della perpetrazione del reato e le leggi penali posteriori adottate
prima della pronunzia di una sentenza definitiva sono diverse, il
giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più
favorevoli all'imputato, non costituisce un principio
dell'ordinamento processuale, nemmeno nell'ambito delle misure
cautelari, poiché non esistono principi di diritto intertemporale
propri della legalità penale che possano essere pedissequamente
trasferiti nell'ordinamento processuale. (Vedi Corte cost. 14
gennaio 1982, n. 15).
CED, Cassazione, 2011 - Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Corte di Cassazione Sezioni Unite
penali - Sentenza 19.07.2011, n. 28451

PROCEDIMENTO PENALE - NOTIFICAZIONI - ALL’IMPUTATO O ALTRA PARTE
PRIVATA - CONSEGNA DELL’ATTO AL DIFENSORE - USO DEL TELEFAX O DI
ALTRO MEZZO IDONEO - LEGITTIMITÀ.
Le sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto per il
quale le notificazioni di atti, che abbiano come destinatario
l'imputato o altra parte privata, possono essere eseguite con
telefax o altro mezzo idoneo, a norma dell'articolo 148, comma
2°-bis, del codice di procedura penale, in ogni caso in cui gli atti
da notificare possano o debbano essere consegnati al difensore.
Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2011, 37, pg. 65, annotata da J.A.
Dudan
Sezioni Unite Penali, Sentenza n.
5941 del 22 gennaio 2009 - depositata l'11 febbraio 2009 (
Presidente T. Gemelli, Relatore A. S. Agrò)
REATO - CIRCOSTANZE - ATTENUANTI
COMUNI - RIPARAZIONE DEL DANNO - CONCORRENTI NEL REATO -
RISARCIMENTO EFFETTUATO DA UNO DEI CORREI - ESTENSIONE AGLI ALTRI -
ESCLUSIONE
Con la decisione in esame, le Sezioni Unite - in una fattispecie di
estorsione in concorso nella quale uno dei ricorrenti lamentava il
mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno,
già riconosciuta al solo concorrente che aveva provveduto al
risarcimento del danno alla persona offesa -, dopo aver precisato
che la condotta riparatrice non si fonde nella struttura unitaria
del reato di cui all’art.110 c.p. ed aver escluso l’operatività
dell’art.118 c.p., diretto a dettare per i singoli compartecipi i
criteri di imputazione delle conseguenze degli elementi accidentali
dell’illecito concorsuale nella sua struttura monistica, hanno
affermato il principio che l’estensione dell’attenuante del
risarcimento del danno al colpevole non può discendere dal semplice
soddisfacimento dell’obbligazione risarcitoria ad opera del
coobbligato solidale e dalle norme che presidiano l’estinzione delle
obbligazioni da illecito, ciò in quanto nei reati dolosi si richiede
“una concreta, tempestiva, volontà di riparazione del danno
cagionato”, in modo che, se uno dei correi ha già provveduto in via
integrale, l’altro, per esempio, dovrà nei tempi utili rimborsare il
complice più diligente o comunque dimostrare di aver avanzato una
seria e concreta offerta di integrale risarcimento.
Sezioni Unite Penali, Sentenza n.
2437 del 18 dicembre 2008 – depositata il 21 gennaio 2009
(Presidente T. Gemelli. Relatore A. Macchia)
REATI CONTRO LA PERSONA - TRATTAMENTO CHIRURGICO - MANCATA
ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO DEL PAZIENTE - INTERVENTO
ESEGUITO NEL RISPETTO DEI PROTOCOLLI E DELLE LEGES ARTIS E CON ESITO
FAUSTO - RILEVANZA PENALE EX ARTT. 582 E 610 C.P. - ESCLUSIONE
Le Sezioni Unite hanno escluso la rilevanza penale – con riguardo
sia al reato di cui all’art. 582 cod. pen., sia a quello di cui
all’art. 610 cod. pen. – della condotta del medico che sottoponga il
paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione
al quale era stato prestato il consenso informato, nel caso in cui
l’intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges
artis, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un
apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in
riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza
che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo.
Sezioni Unite Penali, Sentenza n.
337 del 18 dicembre 2008 - depositata il 9 gennaio 2009
(Presidente T. Gemelli, Relatore G. Canzio)
REATO – DELITTI PUNIBILI CON L’ERGASTOLO – CIRCOSTANZA AGGRAVANTE EX
ART. 7 D.L. N. 152/1991 – APPLICABILITA’ - RAGIONI
Le Sezioni unite hanno stabilito il principio di diritto secondo cui
la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991,
conv. in l. n. 203 del 1991, è applicabile ai delitti astrattamente
'punibili' con la pena edittale dell’ergastolo, quando venga
inflitta, in concreto, una pena detentiva diversa dall’ergastolo.
Hanno poi precisato che, anche nel caso in cui in concreto sia
irrogata la pena dell’ergastolo, la detta circostanza aggravante,
pur non esplicando effetti nella determinazione della pena, deve
essere contestata e presa in considerazione dal giudice nel suo
significato di disvalore del fatto, sì da esplicare la sua efficacia
ai fini diversi dalla determinazione della pena. Nell’occasione le
Sezioni unite hanno chiarito che la circostanza aggravante di cui
all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 assorbe la circostanza aggravante
comune dei "motivi abietti" di cui all’art. 61 n. 1 c.p., se tale
ultima aggravante è contestata in riferimento alla finalità di
favorire o consolidare un’associazione di matrice mafiosa, mentre si
ha concorso di circostanze se il motivo abietto è riferito ad una
ragione non interamente sussumibile nel paradigma dell’aggravante
speciale.
Sezioni Unite Penali, Sentenza n. 47803 del 28 novembre 2008
- depositata il 23 dicembre 2008 (Presidente E. Fazzioli, Relatore
G. Conti)
PROCEDIMENTI SPECIALI – PATTEGGIAMENTO
NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI – COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE
– AMMISSIBILITA’ – ESCLUSIONE
Le Sezioni Unite hanno affermato che, nell’udienza fissata ai sensi
dell’art. 447 cod. proc. pen. per decidere sulla richiesta di
patteggiamento presentata nel corso delle indagini preliminari, non
è ammissibile la costituzione di parte civile e che, analogamente,
tale costituzione non è ammissibile nemmeno quando il procedimento
speciale venga instaurato, ai sensi dell’art. 464 cod. proc. pen.,
con l’opposizione al decreto penale di condanna ovvero, ai sensi
degli artt. 446 e 458 cod. proc. pen., a seguito della notifica del
decreto di giudizio immediato.
Con la stessa sentenza le Sezioni Unite hanno altresì precisato che
il ricorso per cassazione sottoscritto dal difensore non iscritto
nell’albo speciale della Corte di cassazione deve ritenersi proposto
personalmente dall’imputato qualora, in calce al medesimo, sia
presente l’atto di nomina del difensore sottoscritto dallo stesso
imputato.
FONTE: www.Giustizia.it
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